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Dall’Aquila, un’esperienza del fine 2009

Sono arrivata all’Aquila alle 7 del
mattino di una bella giornata d’agosto. Cinque mesi dopo il terribile
terremoto del 6 Aprile 2009. Premetto un po’ brutalmente che non sono
andata per fare volontariato, ero preoccupata e curiosa perchè del
terremoto i media non parlavano e non si avevano notizie dettagliate,
solo immagini che per me che avevo vissuto esperienze di altre
tragedie mi risultavano fasulle. Prima di partire mi ero prefissata
tre punti: vedere con i miei occhi come era ridotta la città dopo il terremoto, mettermi in contatto con i comitati, ed entrare in un
campo. Ho cominciato la mia prima giornata con un giro in autobus, ho
cambiato 4 mezzi ho viaggiato tra un inquinamento incredibile, un
frastuono di sirene e di clacson, code interminabili, deviazioni di
chilometri per strade dissestate e piene di macerie. Un incubo che
avevo messo in conto, l’incubo maggiore di quello che avevo previsto
fu invece vedere con i miei occhi la devastazione della città.
Intanto si avvicinava la sera e mi sono portata verso la zona rossa,
i pensieri che mi seguivano erano tristi, camminavo pensando ai morti
ed alle parole delle poche persone che incontravo, disperazione e
paura del futuro, lo sguardo veniva attirato dai muri divelti, dai
panni ancora stesi ai balconi ormai sbrindellati e stinti e poi a
sera fatta, il lugubre silenzio dei luoghi abbandonati, e le facciate
delle case senza una luce alle finestre.
Mi ha sostenuto solo la
forza e la gentilezza degli Aquilani. Come mi ero prefissa, non mi
sono lasciata travolgere dalla voglia di raggiungere un campo e
mettermi a lavorare, anche se capivo che il lavoro dei volontari era
indispensabile e li incontravo stravolti da ore di lavoro senza
riposo. Il giorno dopo mi sono tenuta molto defilata perchè avevo
intuito chiaramente che senza un pass della CROCE ROSSA, della
PROTEZIONE CIVILE o della CARITAS non avrei avuto possibilità di
muovermi. Individuo il campo base della Caritas a San Antonino di
Pile, mi presento e dopo molte peripezie mi accreditano Pass con
foto, documenti sempre alla mano ho cominciato ad aspettare una
chiamata dai campi con mancanza di volontari. Intanto camminavo,
raccoglievo informazioni e prendevo contatto con i comitati. Il
giorno dopo servivano 5 volontari per il campo di Centi Colella
gestito dalla Croce Rossa. Viene accettata la mia richiesta e parto.
Il campo era organizzatissimo ma
i volontari erano pochi, il lavoro
era tanto. Questa e’ stata la prima cosa che mi ha fatto pensare:
POCHI VOLON
TARI; TANTO LAVORO=POCO TEMPO PER PENSARE E VEDERE per il
troppo lavorare e per la stanchezza. Ho cer
cato di aggirare anche
questo, mettevo insieme le ossa rotte e raggiungevo i ragazzi dei
comitati ogni volta che potevo ed insieme a loro ho aperto gli occhi
su tante cose. I campi e l’Aquila erano completamente militarizza
ti,
s
e ci pensiamo come tutte le situazioni italiane dove ci sono
insorgenze popolari Scanzano, Napoli;
no tav, no Dal Molin ecc… Ai
comitati era severamente vietato entrare nei campi, se si
riusciva a
fare arrivar
e volantini sistematicamente nel giro di mezzora
sparivano, ad ogni assemblea pubblica
si era controllati dalla digos
e dalle forze dell’ordine, alcune volte minacciati e malmenati,

invece nei campi la droga aveva libera c
ircolazione e non c’erano
controlli, molte volte abbiamo avuto il sospetto che la
portassero
gli stessi digossini.

Nei campi la vita scorreva tra speranza
di una casa e la disperazione dei giorni che passavano senza alcuna
risposta alle istanze dei terremotati. Le persone venivano servite ed
accudite in tutto: dai pasti, al lavaggio dei panni, il karaoke
serale e la festa di compleanno, i medici, infermieri e psicologi,
eri costantemente controllato e ogni uscita dal campo doveva avere
una serissima causa altrimenti non veniva firmata dal capo campo. La
mia era una volontà precisa di uscire ed allora trovavo i
sotterfugi, ma per chi ha addosso un dolore tremendo, ha paura, ha
alle spalle 5 mesi di convivenza forzata sotto una tenda al caldo o
al freddo e’ molto difficile reagire e allora era facile trattarli
come ospiti incapaci a cui nel tempo si può togliere anche la
dignità e la parola. Il problema era che neanche i giornalisti
potevano entrare, solo quelli della lista Bertolaso venivano
accreditati ed il servizio e le interviste avvenivano sotto gli occhi
attenti del capo campo, ai margini del campo, in un teatrino
attrezzato apposta a uso e consumo di quei pochi media privilegiati.

Ed intanto tutto veniva gestito dalla
Protezione Civile che aveva espropriato dei suoi poteri gli enti
locali, la volontà popolare ed i comitati avevano le mani legate.

Nei comitati la parola d’ordine era
PAESI E CITTA’ LI RICOSTRUIREMO NOI. La campagna 100% sintetizzava
bene l’impegno e le istanze dei comitati: 100% TRASPARENZA
100%PARTECIPAZIONE 100% RICOSTRUZIONE 100% DIRITTO DI ASSEMBLEA,
LIBERA CIRCOLAZIONEE INFORMAZIONE AI CITTADINI DEI CAMPI. Si lottava
per fare ritornare chi era stato deportato lontano sulla costa. Si
lottava per dare un alloggio decoroso e privato a chi viveva da mesi
nel disagio della convivenza forzata, la condivisione di servizi
igienici comuni e l’inesistenza di una vita propria, una sofferenza
terribile dopo aver perso tutto.

Ogni giorno vedevo i comitati battersi
contro il progetto C.A.S.E. Cioè la costruzione delle nuove case,un
progetto con tempi lunghi,distruzione di un territorio bellissimo e
devastazione di intere aree rurali. Ci chiedevamo il perchè venisse
rifiutata la proposta dei cittadini di ricorrere a case di legno per
la prima emergenza(M.A.P.). Potevano essere a disposizione dei
terremotati in tempi brevi, a minor costo e permettevano agli
Aquilani di rimanere vicino nel proprio territorio da ricostruire e
potevano essere rimosse quando non servivano più. Intanto vedevamo
le prime imprese cominciare i lavori, tirando su in tutta fretta,
insediamenti che saranno definitivi dove capitava, senza logica
urbanistica, senza minimamente rispettare criteri di vicinanza ai
nuclei precedenti Intanto tutto era fermo, nei campi anime disperate,
l’arte, le chiese ed i monumenti storici dell’ Aquila immersi in un
silenzio spettrale. Ci disperavamo, ci arrabbiavamo ma non c’erano
risposte.

Al 10 settembre le persone assistite
erano 37000, 15200 negli alberghi, 9500 presso parenti o in seconde
case fuori dall’Aquila, 12300 nelle tendopoli ed una città intera
era da ricostruire.

Agli occhi di qualcuno l’ Aquila era
una bella torta da spartirsi. Milioni di euro per il progetto
C.A.S.E. faceva gola a molti, come la gestione dei servizi di
emergenza, lo smaltimento delle macerie ecc. sapevamo che erano per
le imprese affari d’oro.

Partono le denunce dei comitati ma era
come scontrarsi con un muro di gomma perchè la protezione civile,
avendo esautorato gli enti locali, aveva il potere tutto nelle sue
mani, legalmente, grazie al POTERE D’ORDINANZA cioè si può passare
sopra tutte le leggi: URBANISTICA, PIANI REGOLATORI, PIANI
PAESAGGISTICI e sopratutto ALLA LEGGE SUGLI APPALTI, inoltre il
POTERE DI DEROGA cioè si può eludere le altre leggi vigenti senza
passaggi parlamentari e senza nessun controllo nemmeno dalla Corte
dei Conti. UN POTERE ENORME PER UN’EMERGENZA CHE PER LA ENORME
QUANTITA’ DI LAVORO E IL POCO TEMPO A DISPOSIZIONE per realizzarle
potranno rispondere solo poche ditte.

I comitati scoprono inoltre un altro
inganno, gli appalti vengono aumentati dal 30% al 50% dei lavori,
praticamente molti lavori passano da mano in mano assegnati senza
alcuna gara cioè per affidamento diretto. Scopriamo che non c’è
nessuna possibilità di chiedere chiarimenti o strumenti che mettano
al riparo dal rischio di infiltrazioni mafiose, niente tracciabilità
dei flussi di denaro stanziati, completa assenza di strumenti idonei
ai controlli, i comitati non hanno mezzi a disposizione per farsi le
loro ragioni, tutto e’ blindato a doppia mandata. Ogni tanto partono
denunce contro imprese al lavoro con posizione irregolare ma come
sempre rimangono inascoltate, anche le morti sul lavoro vengono
tenute nascoste.

Andavamo agli incontri con i politici,
che all’Aquila facevano la passerella quotidianamente, per portare le
nostre istanze ma venivamo malmenati, tenuti a distanza e cacciati e
veniva vietato alle telecamere di inquadrarci.

PAGANICA, CENTICOLELLA, PILE, PIAZZA D’
ARMI i campi dove sono stata, ho visto tentativi di violenza su
minorenni, accoltellamenti quotidiani, risse mostruose, giovani che
si davano tutto il meglio di loro stessi, ho dovuto chiamare un cuoco
maresciallo e mettermi sull’attenti, io antimilitarista convinta, ho
cantato le lodi e assistito a qualche rosario, io atea nel d.n.a, mi
davano il benvenuto ai campi dicendomi che niente di quello che
vedevo o sentivo doveva essere divulgato fuori, sono stata cacciata
da incontri dei vari capoccioni con malo modo dicendomi che mi dovevo
attenere alle informazioni che ci venivano date agli incontri
pubblici. Tutto mi e’ passato sopra, ma mi e’ restato dentro il
dolore immenso di vedere la volontà popolare, la democrazia, la
giustizia calpestate e niente mi toglierà da addosso la vergogna, la
colpa e l’impotenza di non essere riuscita a fare niente per attirare
l’ attenzione dei politici di sinistra e dei giornalisti che ritenevo
con la schiena dritta che ho contattato. Mi spaventa che tutto quello
che ho visto all’Aquila possa divenire la normalità.

E poi i giorni infiniti della vera e
propria disperazione. Quelli sono giorni di ricordi confusi, di una
mente ormai stanca di vedere schifezze, ma che deve reggere un’ altro
po’ per poter documentare, sapere e raccontare ogni volta che gliene
daranno la possibilità. Non si può e non si deve dimenticare e io
quei maledetti 5 giorni non li dimenticherò mai.

Era mercoledì 2 settembre ci siamo
incontrati con i comitati in assemblea pubblica alle 17 in Piazza
Duomo circolavano voci sulla smobilitazione dei campi entro il 30
settembre, Berlusconi aveva annunciato in ogni luogo il famoso TUTTI
A CASA ENTRO IL 30 SETTEMBRE.

Finita l’assemblea con un TENIAMO GLI
OCCHI APERTI E VIGILIAMO SU COME VERRA’ GESTITA LA SMOBILITAZIONE DAI
CAMPI ci congediamo .

 

 

Ritorno al campo di Piazza d’Armi,
nella notte mi svegliano rumori di mezzi meccanici , ma non ci faccio
caso e mi riaddormento piena di stanchezza, giovedì mattina alle 6
si muovono i primi mezzi e cominciano a smantellare le piccole
fontanelle sparse nelle vie dei campi, smontano alcune postazioni
delle macchinette dei caffè e tolgono alcuni container della caritas
che contenevano oggetti di prima necessita’ come pannolini, varie
cose per l’igiene personale e per la casa da distribuire alla bisogna
e alcuni bagni e lavatoi. Ci mobilitiamo in massa per capire, ma,
come al solito, nessune risposte solo vediamo chiaramente il
nervosismo e l’ indisponibilità degli uomini e donne della
protezione civile , della croce rossa e della caritas farsi molto
marcata non solo nei nostri confronti, ma anche nei confronti dei
terremotati. La sera al karaoke gira una quantità di alcool e altro
spropositata , sfinita vado nella mia tenda, venerdì mattina andando
verso le docce vedo una colonna di blindati, pullman cittadini
chiaramente requisiti , e un gran numero di soldati per la precisione
alpini, il campo viene circondato nessuno entra o esce.

Alle 8 partono dagli uffici vari
personaggi con la divisa della protezione civile, accompagnati ognuno
da alcuni carabinieri, che cominciano il loro giro delle tende che
durerà 2 giorni.

Ad ogni occupante delle tende (2 nuclei
famigliari ogni tenda) viene fatto firmare un foglio dove c’è
scritta la nuova destinazione, l’ora di partenza, un numero di
riferimento dove un giorno potranno ritirare le cose di proprietà
che non possono portarsi via sull’immediato, visto che l’ordine è di
portare con se solo gli effetti personali e di prima utilità,
insomma un bagaglio leggero. L’orario di partenza è compreso per
tutti nelle 24 ore.

Parte la tragedia, chi scopre di essere
stato mandato ad Avezzano, chi a Ovindoli, chi a Ofena, chi a 150 km
di distanza dall’Aquila sul Gran Sasso, chi a Coppito o nelle altre
caserme ,chi invece negli alberghi in città od alla periferia.

Scoppia il pandemonio e la guerra fra i
poveri, chi è stato trasferito vicino prepara i bagagli con il cuore
leggero tra l’invidia ed il malumore degli altri che sono destinati
lontani dall’Aquila, dai
loro riferimenti sicuri, anziani soli
,inermi, spaventati, disabili allontanati dalle loro assistenti di
riferimento, genitori che non sanno dove i loro figli andranno a
scuola, famiglie che dovranno fare km per andare a lavorare, chi
urla, impreca, chi dice che non si muoverà dalle tende, comunque con
le buone o le cattive nelle 24 ore metà della popolazione di Piazza
d’Armi (2200 persone) era stipata sui pullman per la lontana
destinazione,
le loro tende erano smontate immediatamente dagli
alpini con guanti e mascherine, sembrava un’operazione chirurgica, si
capiva benissimo che tutto era stato lungamente studiato e provato.
Lunghe file di macchine stracariche di bagagli si incolonnavano alle
uscite tra saluti, lacrime e disperazione. Gli irriducibili hanno
resistito ancora alcuni giorni senza mensa, bagni, assistenza alla
deriva con bambini piccoli e anziani. La caritas con la sua chiesa,
l’oratorio, il convento e i giochi per i bambini alla prima sera non
c’era più, anche la madonna che aveva mandato il papa era già sulla
via del ritorno, in vaticano, impacchettata in fretta e furia.

 

Tutti
sapevano, meno noi, tutto e’ stato deciso a tavolino nei minimi
particolari, in 24 ore hanno deportato almeno 1000 persone, per
evitare rimostranze ed insurrezioni tutto è stato fatto in fretta e
furia. Il sabato sera la protesta si è fatta più forte ed alcune
tende sono state date alle fiamme, sono intervenute le forze
dell’ordine con le loro maniere a soffocare le proteste dei pochi
rimasti, perchè chi ha avuto la possibilità di essere alloggiato
nelle vicinanze, gli anziani, chi era timoroso per la venuta
dell’inverno, chi aveva bambini piccoli o anziani era stanco della
tenda o per altri motivi se ne era andato, VALE SEMPRE IL MOTTO
DIVIDI E IMPERA!!!!!!!

 

La realtà e’ molto diversa da quella
che ci hanno voluto far credere il duo berlusconi-bertolaso.

L’obiettivo del piano C.A.S.E. avrà
tempi molto lunghi tra inganni ed imbrogli, l’Aquila continuerà a
soffrire, noi a credere alle bugie di berlusconi, la carta stampata
continuerà ad asservire il padrone ed i giornalisti con la schiena
dritta saranno messi a tacere anche con le minacce.

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